Gabriele, ha 14 anni all’epoca in cui giunge alla mia attenzione. All’esame extraorale quello che salta subito all’occhio è una marcata incompetenza labiale che lui controlla forzatamente, un profilo evidente di seconda classe e un sorriso poco gradevole non solo ai miei occhi ma anche a quelli della madre e del paziente stesso.
Occlusalmente presenta quella che, personalmente, considero tra le malocclusioni più ostiche da trattare: una seconda classe sottodivisione sinistra con un ingranaggio tutto sommato buono nella parte controlaterale e un affollamento lieve sia superiormente che inferiormente. L’analisi cefalometrica rivela una marcata compensazione dentale con un IMPA di 107°
Le scelte terapeutiche in casi del genere possono essere molteplici e sono generalmente influenzate dal background formativo di ognuno di noi, dalla diagnosi e dalla tipologia di paziente che abbiamo davanti.
Nel caso specifico decido di procedere con la classica sequenza di allineamento e livellamento tipica della tecnica MBT con attacchi gemellari estetici (Radiance plus, American Orthodontics) avendo cura di mettere in atto gli accorgimenti necessari per il controllo dell’ancoraggio anteriore (lace-back, bend-back) e una volta raggiunti gli archi di scorrimento a pieno spessore metto in pratica le meccaniche di correzione di classe.
Nel caso di Gabriele, facendo affidamento sulle sue promesse di collaborazione totale (errore che pagherò caro) decido di applicare per la risoluzione della classe II elastici interarcata 3/16” da 4,5 once. L’overjet che si è venuto a creare alla fine della fase di allineamento e livellamento mi lascia ben sperare per uno “scivolamento” anteriore dell’arcata inferiore predicibile e privo di grandi intoppi. Niente di più sbagliato.
Dopo 3 mesi e solenni giuramenti da parte del paziente di aver indossato sempre gli elastici i risultati sono quasi nulli.
Dopo aver chiarito ai genitori che se il figlio avesse veramente indossato gli elastici i risultati sarebbero stati probabilmente diversi, e facendo affidamento sulla voglia del ragazzo di finire il trattamento il prima possibile, gli propongo in alternativa l’applicazione di un “bite-jumper” (Powerscope, American Orthodontics).
Decido di applicare il bite-jumper monolateralmente dal momento in cui l’overjet disponibile permetteva di avanzare senza disclusione sul lato opposto. Indispensabile con questo tipo di dispositivi è l’applicazione su archi il più rigidi possibile per evitare un eventuale canting delle arcate e distacchi o rotture dell’apparecchio. Gli archi rigidi invece aumentano grandemente la stabilità di tutto il sistema.
L’utilizzo dei dispositivi “saltamorso” per la correzione delle Classi II è una scelta ampiamente descritta in letteratura come affidabile ed efficace, pur essendo l’applicazione monolaterale poco diffusa. Applico il Powerscope già con due spessori da 1 e da 2 mm utilizzati generalmente per l’attivazione di questo dispositivo. Dopo 8 settimane il risultato clinico è apprezzabile ma la collaborazione del paziente rimane pessima. Sul lato opposto al bite-jumper il paziente ha incredibilmente danneggiato i brackets mangiando reiteratamente cibi duri ma, con mia grande sorpresa, il Powerscope non ha subito danni.
Decido in ogni caso di “aggiornare” il dispositivo applicando le viti di aggancio della seconda versione dichiarate più resistenti di quelle della prima versione applicata a Gabriele. Sostituisco nell’occasione anche gli spessori di 1 e 2 mm con un unico spessore di 3mm.
A 5 settimane di distanza l’apparecchio viene ulteriormente attivato aggiungendo uno spessore da 2 mm. Quest’ultima attivazione viene fatta con l’obiettivo di ipercorreggere le linee mediane.
Dopo 3,5 mesi la situazione da un punto di vista dell’igiene orale diventa insostenibile per una totale mancanza di collaborazione del paziente e, visto il raggiungimento degli obiettivi prefissati, decido di rimuovere il Powerscope. Decido inoltre di tagliare l’arco mesialmente al 26 per correggerne l’inevitabile intrusione con l’aiuto di un elastico verticale da indossare la notte.
Per migliorare ulteriormente l’overbite decido di posizionare dei rialzi retroincisivi con stabilizzazione anche a livello dei settimi inferiori. Durante questa fase, durata 4 settimane, chiedo al paziente di indossare di notte degli elastici leggeri 3/16” da 2,5 once.
Dopo 22,5 mesi la terapia è terminata, con un buon ingranaggio bilaterale, overjet e overbite corretti e una ipercorrezione di 2 mm delle linee mediane. Si decide allora di applicare una contenzione fissa su entrambe le arcate tramite splintaggio con filo intrecciato. Quando possibile, cerco sempre di applicare una contenzione fissa a fine trattamento, a maggior ragione con un paziente che nel corso di tutta la terapia ha mostrato una così scarsa tendenza alla collaborazione. Una contenzione simile inoltre, permette un miglior settling.
La cefalometria finale ci mostra che i -6° di torque sugli incisivi inferiori e le metodiche di ancoraggio hanno fatto il loro dovere, essendo l’IMPA non solo non aumentato ma bensì diminuito di 3°. Per quanto migliorare l’IMPA non fosse un obiettivo primario ne mio ne tantomeno dei genitori, evitarne un peggioramento è stato sicuramente un obiettivo secondario raggiunto.
Come quasi sempre succede quando l’occlusione finale è buona, il controllo a distanza e il “settling” ci offrono una ingranaggio ancora migliore rispetto al momento del debonding. Anche la lieve e prevedibile “recidiva” della linea mediana non compromette il risultato finale, grazie alla precedente ipercorrezione.
In conclusione, i modi per correggere una classe II asimmetrica sono molteplici e, come già accennato in precedenza la scelta è personale e legata a diversi fattori. Qualora però le nostre valutazioni, le richieste dei pazienti e il resto delle altre considerazioni ci portino a scegliere l’avanzamento dell’arcata inferiore come mezzo di risoluzione, allora il bitejumper può essere considerato una scelta assolutamente percorribile e, a volte, preferibile.